Case 39 è un film con Renèe Zellweger e Jodelle Ferland che narra la strana vicenda di un’assistente sociale con una bambina vittima di abusi nella sua famiglia. Le cose, però, potrebbero non essere quello che sembrano…
Il film è uscito nel 2009 sebbene sia una pellicola più recente, pensiamo che meriti uno spazio nella nostra rubrica dedicata al cinema horror Passi nel Buio in quanto, la pellicola mostra dei punti di interessi davvero peculiari.
Case 39 – Trama
Emily Jenkins è un’assistente sociale che crede di aver visto di tutto nel suo lavoro quando si vede assegnare l’insolito caso di Lillith, una bambina di dieci anni dal passato strano e misterioso. Lavorando al suo caso Emily si rende conto che Lilith non è solo una bambina vittima di maltrattamenti ma che i sui genitori tentavano addirittura di ucciderla. Quando Emily chiede l’affidamento temporaneo della bambina si ritrova in un incubo mortale nel quale rischia di non sopravvivere.
Recensione
Se ad un primo acchito Case 39 potrebbe apparire come na storia dai temi drammatici e sociali in realtà si rivela tutt’altro. Del resto il ruolo da co-protagonista di Jodelle Ferland (Silent Hill per dirne una) dovrebbe accedere una lampadina ai cultori del genere così come il nome stesso del personaggio Lilith. Intorno al personaggi odi Lilith, infatti, accadono una serie di stranezze. E ci si rende presto conto che, quella che sembra apparire come una bambina triste e spaventata dal mondo, in realtà non è esattamente una vittima.
Diabolus ex machina
Sebbene la vera protagonista della storia sia Emily, Lilith è il vero motore che permette alla trama di andare avanti. E lo è dal primo istante in cui il caso numero 39 cade sulla scrivania della nostra assistente sociale. Con i suoi modi timorosi, una serie di sguardi che sembrano implorare aiuto, Lilith riesce da subito a catturare l’attenzione tanto che risulta davvero impossibile chiudere il caso senza trovare una soluzione.
Ed è così che Emily cade nella trappola di Lilith che poco a poco comincerà ad instaurare un legame con lei tanto da convincerla a portarla a casa con sé.
“Ti dirò cosa fa paura a me, se tu mi dirai cosa fa paura a te.”
Il vero potere di Lilith è quello della paura. ella si nutre del terrore delle sue vittime che a poco a poco conduce lì dove voleva portarle. Il suo modo di agire è abbastanza semplice. Sceglie un individuo a cui aggrapparsi e lo isola distruggendo un po’ ala volta ogni legame che questo ha con un altro essere umano. Le persone cominciano a morire misteriosamente intorno alla vittima e tutte loro lo fanno in un modo che può sembrare inspiegabile, ma che lo spettatore sa bene essere dominato dal terrore più puro. La scena della morte di Doug è forse una delle più esplicative dell’intero film. Eppure il personaggio dovrebbe essere proprio il primo a comprendere come le paure debbano essere affrontate. Ma davvero si pò vincere il terrore più puro?
Il modo di fare di Lilith tra l’altro è disarmante. Per quanto possa apparire fragile e innocente è in grado di generare angoscia con i suoi atteggiamenti e lo guardo che scava all’interno del suo interlocutore. Non è un caso che le figure di bambini all’interno dei film horror abbiano spesso questa dualità estremamente inquietante dove l’innocenza e la malvagità non sono che due facce della stessa medaglia.
Una pellicola peculiare
Sicuramente di primo acchito da questo film ci si sarebbe aspettato ben altro come ad esempio una storia di violenza e di rinascita. La pellicola invece riesca ad essere sottile, certo non fa saltare dalla sedia, ma riesce ad entrare dentro lo spettatore e di conseguenza a tenerlo con il fiato sospeso nell’attesa di quello che sarà il prossimo capriccio della ragazzina demoniaca.
Decisamente, almeno per quanto mi riguarda, raccomandato a chi è alla ricerca di un buon film per gli amanti del genere e magari per trascorrere una piacevole serata in compagnia.
0 commenti