Titolo: La scoperta del vero Amore
Autrice: Laura Rocca
Editore: Self publishing su Amazon
Genere: Romance contemporaneo
(autoconclusivo)
Prezzo ed. Kindle: € 2,99 – Disponibile anche per gli iscritti Kindle Unlimited
Pagine: 500
Cartaceo: prossimamente.
Data uscita: 11/05/18
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Pagina Facebook:https://www.facebook.com/LauraRoccaAutrice/
Sito autore: www.laurarocca.it
Sinossi
1 gennaio 2016
Caro diario,
perché faccio questa cosa idiota? Ah sì… Durante una delle mie serate dell’autocommiserazione, ho ingurgitato un pacco di biscotti ultra large, quelli con gocce di cioccolato, i migliori. Poi, l’istinto suicida mi ha spinto a salire sulla bilancia ed è stata la fine. Mi sono abbarbicata sul letto e ho preso il telecomando: volevo solo spegnere il cervello. Proprio in quel momento, è apparso l’intelligentissimo programma che mi ha dato questa idea.
«Sei infelice? Vorresti cambiare la tua vita?», ha detto il presentatore, come se si stesse rivolgendo a me. «Scrivi i tuoi obiettivi su un diario, le tue aspirazioni, cosa ti piace e ciò che detesti. Tutto diverrà più semplice e concreto. Riprendi in mano la tua vita!».
Ma torniamo a noi.
Mi chiamo Cat e ho ventisette anni, ma tu queste cose le sai già.
Quali sono i miei obiettivi?
Sembra una di quelle domande dementi che ti fanno ai colloqui di lavoro. Diciamo che al momento ho delle vane speranze: desidero qualche novità, qualche sorpresa che dia una svolta alla mia vita. Tanto so che a dicembre sarò qui ad augurarmi le stesse cose, e non ti odierò per aver riposto male le mie speranze.
Nel frattempo, però, ti prego, ti scongiuro, ti supplico: fammi svegliare con il corpo di Eva Herzigová. Compi il miracolo! Se proprio non puoi trasformarmi in una supermodella, fa almeno che il mio lavoro torni a rendermi felice e non sia una continua frustrazione.
In caso fossi colto da una generosità fuori dal normale, regalami lui, l’unico uomo di cui sia mai stata innamorata: Eli. Puoi anche impacchettarlo se vuoi; in realtà non sono una persona pretenziosa, quindi va bene anche senza fiocco. Vedi tu, insomma.
“Cosa cavolo sto scrivendo?”.
Credo che questa prima pagina si concluderà qui, forse anche il diario.
Che esperimento inutile…
Curiosità sul libro.
La scoperta del vero Amore è una storia particolare. La protagonista del libro non è una ragazza bellissima convinta di essere insignificante, Catherine ha realmente un problema, un “grande” problema: è obesa.
Quando ho deciso di scrivere di Catherine non volevo parlare di me stessa, (sì, sono un ex obesa, nel 2015 pesavo 110 kg), volevo parlare di un problema, ma soprattutto desideravo che lei non fosse un cliché sulle persone sovrappeso e che avesse molte sfaccettature, così mi è venuta un’idea.
Ho creato sul mio sito un questionario anonimo al quale avrebbero potuto rispondere tutti i miei lettori e le domande riguardavano appunto i problemi di sovrappeso.
La mia speranza era vedere il problema da tanti punti vista differenti.
Non sono capace di esprimere a parole la mia gratitudine e non riesco a raccontare di quanto io mi sia sentita onorata che così tante persone mi abbiano aperto il loro cuore, ma ho provato a fare in modo che in Catherine ci fosse un piccolo pezzetto di ogni persona che ha risposto.
Altre curiosità
- Il titolo “La scoperta del vero Amore” ha un significato particolare, non si riduce all’amore romantico.
- Le vicende si svolgono a Londra – essendo una storia ambientata nella realtà preferisco la narrazione abbia luogo in un posto che conosco bene, che mi suscita delle emozioni e che amo.
- Il libro non sarà un testo sotto forma di diario. In realtà la trama che avete letto è l’inizio vero e proprio del libro. Ho fatto questa scelta onde evitare di rivelare troppo e perché mi piaceva l’idea di mostrarvi subito Catherine.
- Il nome del protagonista maschile non si legge ELI ma ILAI
- Sul canale you-tube dell’autrice è disponibile un video nel quale racconto la sua storia da 110 a 62 kg
ESTRATTI
Mi trascino fino al mio piccolo appartamento e faccio l’unica cosa che mi rende davvero felice: mangio. Non è ancora ora di cena, ma non mi importa, né mi preoccupo di prepararmi qualcosa che sembri sano. L’unica cosa degna di nota è ficcare qualcosa nello stomaco.
Sento di aver fame, una fame divorante.
Attacco Spotify, sperando che la musica mi aiuti. Partono gli Within Temptation ed è un sollievo.
Apro il congelatore, tiro fuori la confezione maxi di gelato pralinato al cioccolato e prendo un cucchiaio. Poi, come se fosse un mantra, recupero dalla dispensa le ciambelle giganti e torno a tavola. Fisso intensamente il pensile, come se mi fossi dimenticata qualcosa.
“Non ci penso neanche. Io dico no alle ciotole! La confezione non è forse già una ciotola? È anche ecologica: una volta finito il gelato, si ricicla. Perché sprecare acqua?”.
Apro la vaschetta da mezzo chilo e, senza pensarci due volte, immergo il cucchiaio che affonda nella crema morbida. Chiudo gli occhi e lo porto verso le labbra, soppesandolo e pregustando lo stordimento che mi regalerà. L’odore della glassa mi invade le narici e mi sembra già di avvertire in bocca il sapore rotondo del cioccolato e la croccantezza delle praline.
Una goduria.
Arraffo la prima ciambella, spalmo sopra una generosa dose di gelato e do il primo morso. Le mie papille gustative iniziano a ballare Waka Waka – sì, lo so, hanno gusti davvero discutibili – e mi sento subito meglio. I problemi spariscono, uno schiocco di dita – anzi di lingua – e tutto è risolto.
Una gioia.
L’ingordigia mi assale: un’altra cucchiaiata, un altro morso, un’altra cucchiaiata, un altro morso.
Sei ciambelle e mezza vaschetta dopo, mi blocco. Il senso di colpa – quel maledetto – mi colpisce come uno schiaffo ben assestato in pieno volto. Immagino la bilancia davanti a me e un altro brivido di disgusto mi scuote.
“Che cosa ho fatto?”.
Prima di abbuffarmi non ci penso mai, la fame oscura ogni pensiero. È colpa del buco nero – quella voragine oscura –, lui è avido di felicità, di emozioni, del mondo brillante che vedo quando mangio. La sua voracità si nutre di me.
“Complimenti vivissimi, Cat. Ti sei appena aggiudicata altri due chili in venti minuti! Una donna da Guinness World Record, non c’è che dire…”.
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Anche se Hettie non può vedermi, mi vergogno di me stessa. Sento il calore affluire alle guance e mi torna in mente una cosa terribile che ho fatto a novembre. Era da poco iniziato il mese, ma quel giorno la temperatura si era fatta stranamente mite; Eli, a metà mattinata, si era sfilato il maglione abbandonandolo sul bracciolo della sedia.
Quando si è alzato, ho supposto che fosse andato a prendersi un caffè.
“La porta è chiusa, non mi vedrà nessuno!”, ho pensato.
“Stai per fare un’idiozia!”, mi sono rimproverata.
Le mie mani si sono mosse da sole e il mio naso è improvvisamente affondato in mezzo a quella lana morbida e profumata.
“È il paradiso!”.
Poi l’orrore.
La risata di Eli chiara e limpida dietro la porta, qualcuno doveva averlo intercettato per fargli una battuta. Non sapevo perché era già tornato, ma chi lo aveva fermato mi aveva salvato la vita. Se mi avesse vista, sarebbe stato il caso di iniziare a scavare una fossa sino al centro della terra.
Improvvisamente quel maglione mi sembrava una pietra lavica che bruciava le mani; in preda al panico, l’ho scaraventato in fondo alla mia borsa. Un secondo dopo lui è entrato nella stanza e, fortunatamente, non si è accorto di niente.
Quando è arrivata l’ora di pranzo, mi ha chiesto se avevo visto il suo maglione…
«Sei disordinato come tutti gli uomini, chissà dove lo avrai lasciato», ho risposto facendo la sostenuta.
A quel punto non sapevo come farlo riapparire nella stanza all’improvviso, visto che lo aveva cercato ed era evidente non ci fosse.
“Tanto vale…”, avevo pensato. “Non posso buttarlo!”.
Da allora è gentilmente ospitato nel mio armadio, vitto e alloggio inclusi nel pacchetto, pagamento in sniffate. Purtroppo, stando in mezzo alla mia roba, ha quasi del tutto perso il suo odore originale.
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Involontariamente, mi giro di scatto verso l’oggetto della mia ossessione. Eli, inconsapevole di tutto, sta lavorando ed è molto concentrato. Non capisco cosa stia ascoltando di preciso, ma i bassi potenti mi arrivano chiari. Lo odio profondamente, vorrei alzarmi e riempirlo di schiaffi, non lo faccio solo perché ho ancora qualche sinapsi funzionante.
«Finito!», esulta alzando gli occhi.
«Bravo», replico secca. Non riesco a contenermi nemmeno un po’, sono furente, non ne ho diritto ma sono nera.
«Fame, Cat? Sembri nervosa», osserva lui, arguto.
«Sì, abbastanza», mento, visto che mi ha fornito una scusa.
Non stavo davvero pensando al cibo, ma ora che me l’ha detto…
«Direi che possiamo anche scendere», propone osservando l’orologio.
In effetti ha ragione: è l’una meno dieci.
«Non vengo a mensa oggi, ho appuntamento con un’amica», mento di nuovo.
«D’accordo. Ci vediamo dopo allora», mi saluta alzandosi in piedi, completamente ignaro di tutto quello che mi sta passando per la testa.
Appena si allontana, mi butto addosso la giacca e mi fiondo verso gli ascensori. Mi precipito fuori dall’edificio perché mi sembra di soffocare, non so nemmeno io cosa mi sia preso. Aria, ho bisogno di aria.
Tiro un respiro piuttosto grande, poi lo sento, lo riconosco: il buco nero si sta espandendo, pulsa dentro di me, si sta nutrendo della rabbia che provo, sta crescendo. Mi specchio nella vetrata della porta scorrevole e ciò che vedo mi fa orrore. Sono una botte. Certo, ho perso otto chili, ma sono ancora un barile.
“Chi vuoi prendere in giro? Fai pena”.
Eli non mi vedrà mai, non mi guarderà mai come ha fatto con Erin o Sharyl, per lui sarò sempre la sua compagna di ufficio nevrotica e grassa.
La fame è divorante, cieca, incredibile. Erano giorni e giorni che non arrivava, che non reclamava il mio corpo e la mia gola, ma adesso c’è. Pollo ai ferri e verdure bollite? È altro ciò di cui ho bisogno. La direzione è automatica, i miei piedi sono meglio di un navigatore. Marcio a passo spedito, sono una donna con una missione: riempirmi fino a scoppiare, sentire le papille gustative esplodere a contatto con i sapori. Solo all’idea, avverto la salivazione aumentare, l’acquolina in bocca farsi strada e il respiro accelerare.
Devo anestetizzare il male che mi ha fatto Eli, ne ho bisogno. Sono sorda a qualsiasi consiglio, non vedo niente oltre il mio più caro amico da sempre: il cibo. Lui c’è sempre stato, ha sempre riempito la mia vita, non mi ha mai lasciato sola.
Una raffica di vento.
“Mmm…”.
Socchiudo le palpebre pregustando ciò che godrò tra pochi attimi, le narici già invase dagli odori succulenti. La meta è vicina. Svolto l’angolo e, finalmente, la familiare insegna gialla e rossa mi accoglie.
Mc Donald’s.
Mi sembra di sentire in bocca il sapore della salsa Big Mac o quello delle patatine ricoperte di sale e di tutte le salse in aggiunta che mi farò dare. Spalanco la porta e gli odori sono ancora più forti.
“Che meraviglia! Ero pazza? Masochista? In nome di quale insano credo posso mettere da parte questa euforia estrema, questa sfavillante goduria?”.
La fila è lunga, ma non mi spaventa. “L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” o qualcosa di simile. Chi se ne frega, l’importante è che adesso io sia qui, nel mio mondo. Frugo in borsa per afferrare il portafoglio, voglio essere pronta, pagare e sbranare.
Inizio a sbattere il piede, la frenesia mi assale, mi sento quasi un tassista isterico all’ora di punta. Butto un occhio verso l’alto per consultare il tabellone, ma lo sguardo mi cade sul ragazzo in coda davanti a me.
“Dio, quanto è grosso, mi ostruisce la visuale!”, afferma la mia parte irritata, ansiosa di consultare il menù.
“Senti chi parla, ma ti sei vista?”, mi dà una sberla il briciolo di razionalità che mi è rimasto.
Un moto di tristezza mi assale. Voglio davvero diventare così. Se mi lascio andare, se assecondo l’istinto del momento, riprenderò a sfondarmi. E le parole di Theo mi tornano in mente: “Ha senso arrendersi a una via che non vuoi?”. No, non ce l’ha, è uno sbaglio, un errore enorme che ho fatto per ventisette anni.
Mi volto di scatto e marcio decisa verso la porta; mi allontano dal locale, dagli odori, da questa tentazione insana. Non è questo il modo giusto per saziare il vuoto.
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