Set 2, 2020 | 0 commenti

Chiamami col tuo nome – recensione da una notte estiva

Set 2, 2020 | Cinema, André Aciman, Armie Hammer, Libri, Luca Guadagnino, Timothée Chalamet | 0 commenti

Chiamami col tuo nome, un successo cinematografico immediato che ha ricevuto elogi della critica sotto ogni aspetto ma che potrebbe aver avuto una reazione diversa dal più ampio pubblico di spettatori.

Trama

Tratto dal romanzo dello stesso nome di André Aciman, Chiamami col tuo nome ci trasporta nell’estate del 1983. In Nord Italia, Elio Perlman (interpretato da Timothée Chalamet), un diciassettenne Italo-Americano, passa i giorni con la sua famiglia nella loro villa seicentesca, trascrivendo e suonando musica classica, leggendo libri, e flirtando con la sua amica Marzia. Elio ha un rapporto molto stretto con suo padre, un professore universitario specializzato in culture Greco-Romane, e sua madre Annella, un’interprete, i quali gli forniscono alte forme di educazione su uno sfondo ricco di piaceri naturali. Nonostante il suo carattere sofisticato e il suo intelletto prodigioso che lo fanno sembrare già adulto, c’è ancora molto che Elio non conosce, specialmente quando si parla di questioni del cuore. Un giorno Oliver (interpretato da Armie Hammer), un affascinante studente americano che sta lavorando al suo dottorato, si unisce alla famiglia nel ruolo di stagista estivo per assistere il padre di Elio. In questa atmosfera di brillantezza torrida, Elio e Oliver scoprono l’inebriante bellezza del desiderio nell’arco di un’estate che cambierà le loro vite per sempre.

Recensione

Prime impressioni traballanti

Non azzarderei a dire che Chiamami col tuo nome sia uno dei miei film preferiti in assoluto. Nonostante io l’abbia visto già tre volte e mi abbia decisamente lasciato una forte impressione in seguito ad ogni rivisitazione, per qualche motivo non riesco a dire sinceramente che faccia parte della lista dei miei film preferiti.

La prima volta che l’ho guardato, ho approcciato l’esperienza con una leggera diffidenza che ha decisamente contribuito alla mia prima impressione che questo film, in effetti, non mi era per niente piaciuto.

Non sono sicura di cosa esattamente mi abbia spinto a fare un altro tentativo. Fin dalla sua uscita, Chiamami col tuo nome aveva ricevuto recensioni brillantemente positive da chiunque avesse espresso un’opinione al riguardo e una delle persone di cui più mi fido quando si tratta di consigli cinematografici e televisivi aveva condiviso entusiasticamente suddette opinioni.

Avevo quasi l’impressione, insomma, di essere io l’errore in questa specifica equazione. Ecco, quindi, perché mi ritrovai a guardarlo una seconda volta.

Un gusto acquisito

Come potete immaginare dal fatto che io ci sia ritornata per una terza volta, la seconda visione mi ha fatto cambiare idea.

Sarà che avevo deciso di prestare maggiore attenzione, sarà che avendo già visto il film potevo concentrarmi meglio su quei dettagli che sfuggono spesso quando si incontra qualcosa per la prima volta, ma la mia opinione su Chiamami col tuo nome ha fatto un completo giro di 180°.

Una storia semplice

Non sarebbe totalmente sbagliato ridurre Chiamami col tuo nome ad una semplice storia d’amore. Lo è. Per quante sfumature possano essere considerate quando se ne parla, rimane una storia d’amore, una dalla trama neanche particolarmente complicata.

Elio e Oliver si incontrano per circostanze semi-casuali durante un’estate piuttosto noiosa in cui non molto succede a parte lo sviluppo nel loro rapporto. La narrazione non è particolarmente complicata o ricca di eventi, e il ritmo con cui è raccontata è decisamente lento e a tratti addirittura zelante, ma è un ritmo che si adatta alla storia dei protagonisti e a come i sentimenti tra i due si sviluppano nel corso del film.

L’intera visione è un lento climax attraverso un gioco di emozioni sottintese e il timore di esprimerle, di nostalgia preventiva quando ci si ricorda che Oliver dovrà eventualmente tornare a casa e separarsi da Elio e tutte le insicurezze che scaturiscono da questa certezza. Per non parlare poi della sferzata in cui i sentimenti di Elio in particolare sconvolgono la sua vita ancora adolescenziale, forzandolo a viverle turbinosamente come spesso succede a quella età.

Il periodo (gli anni ’80) in cui è ambientata la storia, poi, non lascia ai protagonisti l’opportunità di esprimere apertamente ciò che stanno provando, un po’ per la comune paura di non essere ricambiati e un po’ perché, se facessero il passo sbagliato, la possibilità di una ritorsione violenta e spiacevole sarebbe tangibile e reale.

Lamentele comuni

Tra le poche opinioni negative che ho sentito, una delle più comuni è che l’attrazione tra i due non fosse abbastanza ovvia ed è un’opinione che ho ricevuto in particolare da persone eterosessuali. “Questi due si mettono insieme di punto in bianco,” mi ha detto con fervore un’amica subito dopo aver guardato Chiamami col tuo nome, “Non si capisce proprio che si piacciono.

Quello che sto per dire credo che porterà sulla difensiva parecchie persone, ma chi mi conosce sa bene che questo non basta quasi mai a fermare la mia lingua, o in questo caso le mie dita.

Chiamami col tuo nome parla in una lingua che le persone eterosessuali non hanno mai dovuto esercitare.

Con questo non voglio dire che nessuna persona etero potrebbe mai capire i forti sentimenti che scorrono tra Elio e Oliver, assolutamente no. Ogni persona e ogni coppia, a prescindere dalla sessualità, può vivere l’intensità dell’amore, ma c’è un set di accorgimenti e di linguaggi con cui chi non ha mai dovuto considerare la possibilità di ricevere violenza in cambio di una dichiarazione d’amore non ha mai dovuto fare i conti. Chiamami col tuo nome ha una dimestichezza in questo aspetto che non rende per niente difficile capire perché alcune persone non abbiano trovato i sentimenti tra i protagonisti abbastanza espliciti.

Una lingua a parte

C’è una pratica, una disperazione, un timore continuo che nascono dal tentare di capire se una persona del tuo stesso sesso condivide ciò che tu provi. È un contegno che più che in Elio diventa palese in Oliver, un ragazzo cresciuto sapendo che se mai avesse dimostrato desideri omosessuali “mio padre mi avrebbe spedito al riformatorio” ci dice, e i cui tentativi di comunicare la sua attrazione non sono immediatamente recepiti nemmeno da Elio.

Se da un lato alcuni amici e conoscenti eterosessuali hanno espresso questa incomprensione, dall’altro amici e conoscenti appartenenti alla comunità LBGTQ+ hanno invece avuto un’opinione esattamente opposta, dicendo che fin da subito era ovvia l’attrazione tra i due e persino sorridendo del fatto che Elio non avesse capito che il massaggio amichevole di Oliver durante la partita di pallavolo volesse dire ben altro.

Altre critiche

Al di là di ciò che può essere definita una scelta stilistica e narrativa, c’è un’altra critica che il film ha ricevuto sia dagli spettatori, sia dalla stampa stessa, e che personalmente credo valga la pena menzionare.

Elio è un ragazzino di 17 anni, mentre Oliver ne ha 24.

Sarebbe uno sbaglio, secondo me, ignorare che la differenza di età tra i due può costituire un problema e che molte persone ne hanno fatto motivo di critica. Non è un’opinione che io condivido totalmente, ma non mi sento neanche di difendere il film sotto questo riguardo.

Probabilmente è vero: se la coppia fosse stata composta da un uomo e una donna questa specifica critica non sarebbe stata mossa (erroneamente in quanto sarebbe altrettanto grave anche in quel caso, ma questa è un’altra storia), ed è anche vero che c’è un elemento storico della comunità LGBTQ+ che non conoscere rende più difficile capire perché la scelta di questa differenza di età non sia poi tanto grave o inusuale.

Contesto culturale

Vorrei aprire l’argomento, ma prima devo specificare che non ne sono assolutamente un’esperta e non ho la presunzione di poterne parlare da tale, quindi quello che sto per dire è basato sulla mia esperienza e opinione personali.

Non è raro sentire da persone omosessuali che le loro prime esperienze romantiche siano state con persone più grandi. Da persona che fa parte della comunità LGBTQ+, sono dell’opinione che ci siano due ragioni per questo. La prima è che molto spesso, soprattutto in anni non contemporanei, si tende e si tendeva a fare coming out più tardi nella vita e ciò poteva significare che anche tutte quelle esperienze di sviluppo romantico ed emotivo legate all’amore che di solito si vivono durante l’età adolescenziale avvenivano più tardi in una specie di adolescenza tardiva.

La seconda ragione, collegata e influenzata dalla prima, è che per molti giovani e adolescenti queer è più facile trovare accoglienza e accettazione da persone di qualche anno più grande laddove altri adolescenti queer sono riluttanti a dichiararsi tali. Si ci trova in una situazione in cui 15, 16, 17enni LGBTQ+ sono contemporaneamente più maturi per quella che è la loro identità sessuale o di genere in una società non sempre accogliente, e si sentono completamente soli per via della propria sessualità e trovano unica accoglienza in ambienti dove coetanei LGBTQ+ sono semplicemente assenti.

Considerati comunque il contesto e la storia specifica che Chiamami col tuo nome vuole raccontare, io personalmente comprendo la scelta di rappresentare quella differenza di età ma non mi sento di giustificarla pienamente.

La differenza di età e qualsiasi opinione al riguardo possono quindi diventare spunto di riflessione. Si dovrebbe assolutamente considerare il film criticamente, come si dovrebbe con qualsiasi tipo di contenuto mediatico, ma sarebbe un’ingiustizia ridurlo solo a questo singolo fattore.

Un concerto di sentimenti e narrativa

Nonostante la trama ingannevolmente semplice, Chiamami col tuo nome è un insieme di elementi più o meno velati che contribuiscono ad una storia emotiva e struggente.

Laddove le parole vengono palesate, come nel discorso finale del padre di Elio, è chiaro quello che il film sta cercando di dire: che ci sono sentimenti che ci cambiano, che molto spesso questi sentimenti nascono da situazioni difficili e complicate che per questo motivo possono ferirci, ma che ogni persona è più ricca quando si ritrova dall’altra parte.

Allo stesso tempo, nei momenti di quiete e raffinatezza ci guida su uno sfondo idillico e in una tenerezza resa giocosa dalla gioventù di Elio che riporta gli spettatori un po’ più adulti ad un ricordo emotivo burrascoso e incapsula perfettamente ogni speranza di romanticismo coinvolgente dell’adolescenza.

Se la seconda volta che ho guardato il film è stato quando davvero ne ho colto alcune delle sfumature più profonde, devo concludere questo articolo dicendo che la mia visione preferita, tuttavia, è stata la terza. Ho avuto la fortuna di poter guardare Chiamami col tuo nome ad un cinema all’aperto – appropriatamente distanziato – in una proiezione gratuita organizzata dalla mia piccola città.

Nonostante lo schermo un po’ più piccolo di quanto mi sarebbe piaciuto, e l’aver visto il film in doppiaggio italiano (che io amo alla follia ma che in questa particolare occasione non avrei preferito perché annullava alcuni dei salti linguistici dell’originale che si dimestica tra italiano, francese, inglese e tedesco), non avrei potuto immaginare occasione migliore per rivedere lo spettacolo di sentimenti quieti eppure tempestosi che è Chiamami col tuo nome se non sotto il cielo pulito e stellato di un’afosa estate agli sgoccioli della sua succulenza.

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