Il terzo posto del nostro concorso di scrittura Sull’Orlo del Foglio va a Simone e il suo racconto Il Caso Elatan. Questo mese è stato davvero difficine scegliere i tre racconti da pubblicare qui sul nostro sito, in quanto siete stati tutti molto bravi. Alla fine, come in realtà sempre, abbiamo fatto una media dei nostri voti e questa è la classifica. Ma non disperate! Vi ricordiamo che sarà possibile trovare tutti i racconti sullo sfogliabile che verrà pubblicato a fine mese e che potete ancora inviare i racconti per il volumetto di gennaio.

E detto ciò vi lascio al primo racconto.

Il Caso Elatan

Le sfumature del mondo, gli odori e le circostanze in cui venne ritrovato il corpo della giovane Vanessa Snow erano pittoresche. Lo scenario sembrava ritrarre una via storica dal carattere Liberty: arti amputati e sistemati sull’asfalto come fiori su una tomba; la maglia della vittima appesa al palo della luce svettava come un grosso tulipano rosso.

Era la vigilia di Natale, e quello di Vanessa era il secondo cadavere della giornata. Il primo, un ragazzo sui vent’anni, era stato rinvenuto quella mattina in una posizione simile; braccia e gambe amputate e posizionate a formare un albero di Natale, rosso vermiglio sulla neve bianca.

Terminio, il detective del Dipartimento di Polizia di Angerly Town, aveva ancora l’odore zuccherato di Donuts sotto il naso quando aveva ricevuto la macabra chiamata di un passante. Con un profondo sospiro, l’uomo si chinò a studiare con più attenzione i tagli slabbrati: il sangue era ormai coagulato e la carne si era scurita per il freddo. L’omicida aveva svolto un lavoro abbastanza pulito, un taglio quasi netto.

Sfregando forte gli occhi davanti a quel massacro, Terminio trattenne un conato di vomito – 12 anni nella polizia e non era mai riuscito ad abituarsi a quelle scene di morte – e acuì la vista. Serrando le labbra, spinse un dito inguantato all’interno della carne della gamba sinistra della vittima per estrarre il marchio dell’omicida, che aveva lasciato all’interno una minuscola pallina di Natale per ricordarne la ricorrenza.

Allibito, il responsabile, si guardò intorno e tentò di individuare qualche possibile testimone, siccome la città pullulava di abitanti in cerca degli ultimi regali o intenti a gustarsi una cioccolata calda al bar. In un portico vicino notò un artista di strada che con fare bizzarro cantava un macabro ritornello:

“E lei disse tu mi piaci,

anche se sei il mio assassino.

Buona Natale, buon Natale,

stringimi più vicino.”

Un brivido gelato percorse la schiena di Terminio mentre l’uomo si recava verso il giovane. Teneva una chitarra piuttosto malconcia tra le mani, il gilet e i guanti bucati erano costellati da disegnini natalizi, e gli occhi iniettati di sangue suggerivano un uso smodato di marijuana.

Terminio capì potesse diventare un testimone importante, non appena notò un cartone con relativi ammassi di tessuti poggiati in terra al fianco del cantante in questione.

“Di notte,qui, non dev’essere facile” ruppe il ghiaccio il detective.

Il fare brillante del ragazzo svanì di colpo e la chitarra smise di suonare. “Non faccio niente di male, signore” iniziò, ma Terminio alzò una mano per fermarlo.

“Non devi giustificarti con me, ragazzo, non ce n’è bisogno. Dimmi solo quello che hai visto.”

Il giovane si morse il labbro, titubante. Distolse lo sguardo e fece un passo indietro.

Il detective, irritato da quella brutta giornata, mise su un cipiglio severo. “Forza, è morta una ragazza a pochi metri da qui. Davvero vorresti dirmi che non hai visto nulla?”

L’artista si passò una mano tra i capelli sporchi. “Io… È stato solo un attimo… C’era un uomo che fischiettava nel vicolo buio, questa notte, ma… ho preferito restarne fuori.”

Terminio fece un passo avanti. “Lo hai visto in faccia?”

Il giovane deglutì, prima di annuire. “Era uno di quei ragazzi benestanti che solitamente si ritrovano vicino al White or Black Golf Club, quelli che mettono in mostra le loro auto e qualche bottiglia di superalcolico. Ricordo di averlo visto in quel gruppo, capelli castani e un fisico sportivo. Tutto qua.”

“Qualche segno particolare?”

Il ragazzo sbiancò. “S-sì, ecco… aveva una strana cicatrice sul lato del collo, era un…” Si sforzò di ricordare. “Assomigliava proprio a una canna di zucchero natalizia.” Scoppiò in una risata nervosa. “Una cosa mai vista prima.”

Terminio gli batté una mano sulla spalla. “Grazie figliolo”, e si allontanò in tutta fretta. Conosceva fin troppo bene quella particolare cicatrice: correvano alcune voci, su una setta di giovani adoratori, il cui rito d’iniziazione consisteva nel farsi abbrustolire il collo con un tizzone ardente a forma di canna da zucchero. I Salvatori di Elatan, si facevano chiamare.

“Il Golf Club non dista molto” rifletté. Salì nella volante e sgommò in direzione della strada.

Con un movimento rapido Terminio sbattè la porta dell’auto e si fermò a scrutare il gruppo di ragazzi che bighellonavano nel parcheggio davanti all’edificio, prima di avvicinarsi.

Con le mani nelle tasche del soprabito urlò “Quanto baccano, voi, lo stesso che potrebbero fare le vostre auto. Quanti cavalli ha quella Porsche?” Con passi lenti, si spostò verso di loro.

Il più alto, con i capelli biondi e il naso schiacciato di un pugile, nascose la bottiglia di birra dietro la schiena e lo fissò torvo. “Non credo siano affari tuoi, amico. Cerchi guai?”

Terminio sorrise e mostrò il distintivo. “No, a meno che non siate voi a cercarli. Volevo solo fare due chiacchiere. Avete mai sentito parlare dei Salvatori di Elatan?”

Si fece avanti un diciottenne muscoloso, con inquietanti occhi verde muschio. “È tutta una balla che si sono inventati i ragazzini. Non esiste nessuna setta con quel nome.” Storse la testa per far scrocchiare il collo e così facendo, mise in mostra, in uno sfoggio arrogante, la cicatrice a forma di canna da zucchero.

“Io ho sentito parlare di una cicatrice comune nei membri. Potremmo iniziare a controllare quanti di voi ce l’hanno, che ne dite?” li minacciò Terminio.

“Noi siamo un gruppo di amici, nient’altro. Non vedi le macchine che abbiamo? Dovresti andare a controllare il quartiere più malfamato invece, a partire dal Cinema in giù.” disse lo stesso ragazzo sghignazzando con i suoi compagni.

Il detective sbottonò il cappotto, preparandosi a estrarre la pistola in caso di pericolo. “Credi di essere furbo, ragazzo, a mentire alla polizia? Potrei accusarti di intralcio alle indagini. Sono morte due persone per colpa di teste calde come voi. Volete fare tutti un giretto in cella?”

Il giovane si fece cupo. “Gente morta? Noi non c’entriamo niente.” Poi scambiò un’occhiata inquieta con il suo compare biondo, mentre gli altri tre ragazzi ammutolivano.

Terminio alzò le mani in segno di amicizia. “Ditemi solo se sapete qualcosa. Gli omicidi sono una cosa seria, ragazzi, non si scherza.”

Il biondo si schiarì la gola. “Sì, i Salvatori di Etalan esistono ma… è Christian quello che state cercando. Quel ragazzo è una testa matta, crede di essere dio, di avere dei poteri o altro… Noi gli stiamo alla larga il più possibile, anche se siamo costretti a incontrarlo durante i ritiri della setta.”

Lo sguardo di Terminio si fece duro. “Dove lo trovo, questo Christian?”

“Questo non lo sappiamo, abbiamo detto tutto ciò che avevamo da dire.” disse il biondo ma subito l’amico gli parlò sopra “Proprio oggi ha scritto un messaggio sul gruppo della setta, dice:

“Il ritiro serale di ieri mi ha portato a conclusioni sagge per noi Salvatori, oggi ho provveduto. Onore a Elatan e che sia con tutti voi. Dovremmo vederci anche questa sera perchè ho delle missioni che vi affiderò per festeggiare il nostro Natale.”

“Dove si trova il punto di ritrovo della vostra setta, ditemelo!” strillò il detective con un’eccitata urgenza nella voce. Quel Christian doveva essere l’assassino, glielo suggerivano anni di addestramento e caccia ai criminali.

“C’è un magazzino, tra Hemerald Street e Uston road; è lì che teniamo i nostri rituali”, sussurrò il ragazzo, ricevendo un’occhiataccia dall’amico.

Terminio guardò l’ora, erano le 17,30. La notte iniziava a essere compagna della città.

Il detective diede le spalle ai ragazzi e svanì velocemente con la sua automobile. A causa del traffico arrivò al magazzino della setta quando il buio faceva ormai da padrone; con attenzione, e la pistola fra le mani, spalancò l’enorme portone arrugginito con la speranza di cogliere Christian alla sprovvista.

Il silenzio lo accolse. Nel chiarore ronzante di luci al neon, sovrastava l’intera sala, un albero accompagnato da sceneggiatura divina e una scritta rosso vivo sulla lastra di cemento a terra:

“ELATAN, il Benedetto”.

Era un Pino, disposto in un antico vaso sumero. Il suo legno marcio emanava un odore dolciastro, simile a quello dello zucchero filato.

C’era un suono nell’aria, l’inquieto rombo di cento corni da guerra, un richiamo lungo e strascicato, animalesco e ancestrale. Terminio, ipnotizzato, si perse nell’eco straordinario di quella melodia antica. La sua mente si lacerò, la sua anima andò alla deriva, perdendosi nelle spire marcescenti di quella corteccia mistica, in sintonia con il suo corpo che veniva fatto a pezzi sotto i colpi precisi della mannaia di Christian, i cui folli occhi neri erano ormai devoti al solo e unico Elatan.

Il detective Terminio non esisteva più, e osservò se stesso, dietro una calma che solo la morte può trasmettere, mentre finiva appeso ai rami sghembi dell’albero; monconi gocciolanti di braccia e gambe.

Un lontano mormorio giunse alle sue orecchie, mentre il suo spirito si disintegrava nel fulgore eterno di Elatan.

“Eccolo, a te, Elatan, il tuo Natale”: la lugubre preghiera di Christian si propagò come un mantra.

E nell’ultimo rintocco della morte, Terminio lo capì: nell’inconscia tradizione natalizia di addobbare l’Albero di Natale, si nasconde la venerazione di Elatan.

Un racconto di:
Simone
Grazie di cuore di aver partecipato all'iniziativa.

Se vi è piaciuto il racconto di Simone, lasciate un commento così che possa saperlo. Detto questo vi aspettiamo la prossima settimana con il racconto che ha guadagnato il secondo posto della nostra classifica.

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