“Fa attenzione a ciò che desideri perché potresti ottenerlo!”
Il quarto libro delle Cronache dei Vampiri è incentrato sul desiderio e su quanto spesso si tende a idealizzare quello che ci manca, quello che appartiene al passato o che crediamo aver perso per sempre. La narrazione è nuovamente affidata a Lestat che in poco meno di cinquecento pagine trascina il lettore in un’avventura davvero unica connotata da una forte capacità introspettiva.
Conosceremo meglio David Talbot, il Generale Superiore del Talamasca, il potente ordine che studia il paranormale ma soprattutto, attraverso le difficoltà e i rischi che conseguono ad una scelta azzardata, ci verrà da chiederci: fin dove è lecito spingersi per realizzare quello che crediamo di volere?
Il ladro di Corpi – Trama
La piccola congrega formatasi dopo la sconfitta di Akasha si è disgregata: Gabrielle è tornata ai suoi boschi lontano dalla civiltà così come Mekare, Louis è a New Orleans, Santino in Italia e degli altri non si sa neanche dove siano. I vampiri in fondo non amano troppo la compagnia dei loro simili…
Lestat è nuovamente solo, i suoi poteri sono accresciuti notevolmente, può levitare e coprire velocemente grandi distanze, è telepatico e dotato di telecinesi ma questa consapevolezza non fa altro che gettarlo ancora di più nella disperazione al punto che decide di esporsi al sole, persuaso a farla finita. Nemmeno questo gesto estremo però, gli porta l’idealizzata pace ma solo gravissime ustioni.
Chiede aiuto David Talbot, capo supremo del Talamasca che più volte, in passato, Lestat aveva indotto in tentazione offrendogli il Dono Oscuro, sempre rifiutato dall’anziano ma carismatico studioso. Egli lo accoglie e lo protegge fino alla guarigione saldando ancora di più il loro rapporto di amicizia e stima reciproca.
A essere tentato, però, adesso è proprio Lestat che una notte viene avvicinato da uno strano uomo che gli offre la possibilità di tornare a essere umano. A nulla valgono gli avvertimenti di Louis e quelli, ancora più accorati di David, il Talamasca conosce bene quell’individuo di cui non ci si può affatto fidare inoltre il prezzo da pagare comporta un altissimo rischio ma l’idea di tornare “vivo” e godere nuovamente, dopo duecento anni, dei piaceri mortali, è troppo invitante per il capriccioso vampiro, che accetta.
Le conseguenze saranno terribili e l’unica persona che aiuterà Lestat a ripristinare l’ordine delle cose sarà l’umano David Talbot ma anche per lui ci saranno delle conseguenze…
Recensione
Nel libro precedente a questo, La Regina dei Dannati, il filo conduttore è quanto importante sia la motivazione, lo scopo, per sopravvivere ai secoli (ma, aggiungerei, anche a una banale vita umana) ma qual è il motore che alimenta la tanto preziosa spinta emozionale?
Anne Rice ce lo dice ne “Il ladro di corpi”: il desiderio.
Vi faccio notare che nelle Cronache dei vampiri non c’è solo una continuità descrittiva di fatti e personaggi ma tra le righe, possiamo cogliere una linearità anche nel messaggio che Anne Rice comunica ai suoi lettori, ogni libro è un racconto all’interno del quale c’è una tesi, un input di pensiero sul quale riflettere. Quello che accade a Lestat dal primo momento in cui, contro la sua volontà fu trasformato, è di rimpiangere la condizione umana e la vita sotto la luce del sole.
Tutte le sue azioni, in gran parte sconsiderate, sono dettate dal timore di essere escluso dal mondo e di restare solo. Un tenebroso Prometeo che idealizza ciò che non può più avere. Personalmente non conosco istinto più umano di questo, il desiderio è qualcosa che ci accompagna dalla nascita alla morte, senza non ci sarebbe l’ambizione, il miglioramento, la competizione. Il desiderio è un motore importante ma a volte bisognerebbe chiedersi: “è veramente questo ciò che voglio?”.
Lestat crede di desiderare tanto la natura umana che tralascia totalmente ogni logica e precauzione cadendo in un brutto inganno. Inoltre da mortale dovrà affrontare ogni sorta di difficoltà e non ultima la malattia e il timore della morte. Poi arriva il pentimento, bruciante, la consapevolezza di aver lasciato l’immortalità, l’eterna giovinezza, la forza, i sensi acuiti…per cosa poi? Per pochi anni di giovane vita mortale prima che arrivi il decadimento, la sofferenza e la morte!
A quanti di noi è capitato di vedere sempre più verde l’erba del vicino e non la propria? Forse è proprio il meccanismo alla base della motivazione che spinge a ricercare sempre qualcosa di diverso a ciò che abbiamo, che non ci fa sentire mai del tutto soddisfatti mitizzando ciò che non possiamo avere.
David Talbot, il settantaquattrenne carismatico Capo del Talamasca, invece, rifugge anche dal dover solo considerare di accettare il Dono Oscuro che il vampiro gli ha offerto più volte, come se il solo pensiero potesse mettergli in gioco tutte le sue sicurezze. Questa storia ci fa conoscere a fondo David e non si può non amarlo. È un uomo molto dotato psichicamente, pratica la magia del Candomblé, è potente, ricco e solo. Solo come Lestat, abbandonato al suo destino da umano dagli altri immortali, perfino da Louis.
A differenza dei primi tre libri delle Cronache per i quali prendevo una pausa di qualche giorno nella lettura quando sentivo di dover assorbire meglio qualche passaggio, “Il ladro di corpi” scivola via in fretta nonostante il tratto ampiamente descrittivo tipico della Rice, mi sono ritrovata a comprendere il nostalgico desiderio di Lestat verso la natura umana.
E anche l’ostinato rifiuto di David all’immortalità, li ho compresi entrambi per tutte le volte che ho creduto di desiderare qualcosa solo perché la società o la logica o la convenienza mi suggerivano in tal senso, e li ho compresi per tutte le volte che in passato ho negato alcune peculiarità del mio carattere, della mia natura, dei miei istinti per conformarmi alla massa…che sbaglio!
Per fortuna la vita è lunga per porvi rimedio ed essere ciò che si è; una volta qualcuno mi disse: “senza la piena accettazione di sé non si è tenebra ma neanche luce!”
Conclusioni
Quanto più una cosa è per noi inarrivabile tanto più la desideriamo e quando questo desiderio cresce fino a diventare ossessione, follia, solo il raggiungimento della tanto agognata meta può farci capire se è ciò che volevamo davvero oppure era solo una mera illusione, un’idea romantica e basta.
Lestat dopo aver rischiato la morte da essere umano capisce che il suo posto è nelle tenebre della notte, il suo status quello di vampiro. Ma rimane il fatto che non conoscendo mezze misure accetta il fatto di essere “un mostro”, un essere senza redenzione, quindi perché non prendere quello che fa più piacere?
Il finale di questo splendido libro non voglio assolutamente spoilerarlo ma posso dire che mi ha prima sorpresa, poi disturbata e solo ripensandoci ho capito che, forse anch’io avrei fatto la stessa cosa! “Se non provi, non sai” si ripropone nella figura di Grethcen. La suora infermiera prima di dedicarsi completamente e per sempre alle missioni umanitarie in Amazzonia, decide di provare i piaceri della carne mantenendo intatto l’alone di santità e abnegazione di cui l’umano Lestat si innamora.
La rinuncia può mai avere un valore se non si conosce quello a cui si sta rinunciando? L’erotismo libero, elegantemente peccaminoso ma mai volgare di Anne Rice pervade questo libro che si legge davvero tutto d’un fiato e che appena finito ci fa pensare: cosa voglio e chi sono davvero?
Questo è senza dubbio, il libro più “umano” della Rice.
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