I tre esorcismi di Rafilina da Torrecuso è un romanzo di Giuseppe Franza, autore del napoletano, che racconta il viaggio di una giovane donna accusata di essere posseduta da un diavolo e che per tale ragione viene trascinata da un “esperto” all’altro affinché essa venga liberata da questo possedimento che l’assedia.

A dimostrazione però del fatto che al voler vedere il mondo soltanto con quelli che sono i filtri che la società impone si finisce per il comprendere, come potrebbe dire uno dei protagonisti, fischi per fiaschi, la verità è ben più complessa di quella che appare. E giacche ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne insegni la filosofia o, nel caso specifico, la religione, i personaggi di questa vicenda dovranno imparare a discernere con la loro testa quale che sia il pensiero a cui affidare la propria mente e la propria anima.

I tre esorcismi di Rafilina da Torrecuso – Trama

Primavera del 1272, regno di Napoli.

I tre esorcismi di Rafilina da Torrecuso

I tre esorcismi di Rafilina da Torrecuso di Giuseppe Franza
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Padre Ciommo, un vecchio monaco benedettino, sta scortando la giovane Rafilina da Torrecuso nella città di Napoli, per far sì che ella possa essere visitata dal magister Tommaso d’Aquino del convento di San Domenico. Giunti dalle parti del Vesuvio, i due viandanti vengono sorpresi da una tempesta e sono perciò costretti a rifugiarsi in una taverna per trascorrere la notte. In questa bettola incontrano un certo Zosimo, servitore senza cultura e creanza, che si offrirà di accompagnarli fino al cenobio napoletano in cambio di qualche spicciolo.

Nella Capitale del regno, Rafilina sarà dunque visitata da fra Tommaso d’Aquino, somma intelligenza della Chiesa, chiamato a scoprire quale possa essere il vero male che insidia la vergine. Ella è forse vittima di una possessione demoniaca?

 Costretti da fosche circostanze, Rafilina e Zosimo prenderanno parte a un viaggio caratterizzato da numerosi imprevisti.

E ne verranno fuori situazioni spaventose e assurde, sordide o penose, attraverso cui i due personaggi misureranno forze e limiti morali e proveranno ad allargare i loro meschini orizzonti.

Recensione

Nascere donna in una società governata da saldi principi religiosi può essere un vero tormento e se poi quella donna ha l’ardire di pensare con la propria testa la situazione non può che farsi più greve. Lo sa bene Raffaela Mennina da Torrecuso, detta Rafilina, che contro il volere dei religiosi e della società finisce per sbatterci il muso e non solo. Trascinata fuori dalla sua casa, accusata di possedere un diavolo in corpo e perfino di eresia, la torrecusana si trova a essere vittima di un gioco di prepotenze e credenze che la porteranno a cercare la propria via per sopravvivere fisicamente e anche moralmente a un mondo che non la accetta e, in un qualche modo, la teme.

Rafilina e il perché il pensiero delle donne fa paura

Lucrezia as Poetry by Salvator Rosa

Lucrezia as Poetry by Salvator Rosa Salvator Rosa, Public domain, da Wikimedia Commons

All’interno della sua società certamente Rafilina rappresenta un’eccezione. È una donna curiosa, vuole scoprire, imparare, studiare, poter leggere e scrivere, proprio come fanno taluni uomini, e poter trarre da sé la conclusioni sul mondo e non accettare passivamente quello che le viene inculcato nella testa da chi ne ha credito. Rafilina è una donna di tempra nata però in un’epoca sbagliata, non che poi tutt’oggi esista ancora un’epoca dove ella avrebbe potuto esprimere comunque il suo pieno potenziale, ma certo si sarebbe risparmiata diverse rogne. Rafilina non accetta che siano altri a decidere del suo destino siano altri in sua vece, non accetta che le si debba dire chi deve prendere come marito e perfino come debba pensare. Rafilina è una che al suo posto non ci vuole stare e per questo deve avere qualcosa fuori posto. È lei a essere sbagliata e non il mondo attorno. E siccome era facile chiamare il diavolo in causa, allora è dal demonio che arrivano quei pensieri.

La poverina così passa prima dalle mani di un religioso e poi di un altro e via per quelli che si proclamano uomini di scienza, ma che per amore della loro scienza non hanno timore a mettere in gioco la vita della povera gente. La donna subisce violenza, nel corpo, nella mente, nell’anima stessa e perfino nella sua dignità. Ma lei quella dignità non la vende, si aggrappa a essa come l’ultima speranza che la tiene in vita e si chiude in un orgoglioso silenzio che la condanna e la espone al tempo stesso perché nessuno può accusarla di ciò che non esce dalle sue labbra.

Purtroppo per la Torrecusana non è sempre in grado di controllare il suo dire e (che si tratti di incubi, una forma di epilessia, soffocamento notturno o quel che sia) ciò diventa un nuovo appiglio per i suoi detrattori e un’ulteriore causa di accusa nei suoi confronti che forse davvero si può pensare che il diavolo, per dirla in linea con il testo, ci abbia messo lo zampino a complicare l’esistenza della povera vergine.

Zosimo da Bolla, un ritratto popolare

Salvator Rosa - Self-Portrait - 66.191 - Detroit Institute of Arts

Salvator Rosa – Self-Portrait – 66.191 – Detroit Institute of Arts
Salvator Rosa, Public domain, via Wikimedia Commons

Comprimario della narrazione, Zosimo si trova immischiato nella storia più per fame, tanto di pane quanto di denaro, che per nobiltà d’animo. Il Bollese, difatti, è l’emblema di quel popolo contadino e ignorante che, detta in termini spiccioli, si muore di fame. Ha, sì, quel poco che lo sostiene, ma che comunque non è sufficiente a consentirgli una vita tale da non avere preoccupazioni. E perciò egli si incammina in quella che doveva essere una faccenda semplice, accompagnare un monaco e quella che doveva essere la sua protetta, intascare la grana e tornare alle sue oche. Ma le cose, poi, andranno diversamente…

Tuttavia ciò che ci interessa, più che le vicende che lo riguardano, che consigliamo di leggere nel testo è di analizzare la costruzione del personaggio stesso.

Zosimo è un poveraccio, un pezzente, per sua stessa ammissione, un fetente. È zotico e ignorante e sa bene di esserlo. Un imbroglione e mascalzone, un Pulcinella dalla lingua lunga che qualche volta lo salva e qualche volta lo caccia in guai più grossi di quelli in cui già si trova. Non è cattivo, ma, come la direbbero nelle sue terre di origine, “la deve campare” e per “campare” si fa quello che si può, anche qualche piccolo imbroglio quando serve. E del resto, la storia ben ci mostra che spesso quando non si è nei panni dell’imbroglione si finisce per essere imbrogliati, o almeno così la vita ha sempre insegnato al Bollese.

D’altro canto, è proprio Zosimo il personaggio che mostra l’evoluzione più sorprendente ed evidente all’interno della trama. Perché dovrà mettere in discussione il suo modo di vedere il modo, quel “s’è sempre fatto a questo modo e così è”. Dovrà farsi delle domande, dovrà fare i conti con se stesso e con le sue convinzioni e capire cosa è davvero importante per lui se il denaro o i legami che andranno a formarsi nel corso della storia. Zosimo farà scelte difficili, sicuramente molto più se si considera la sua prospettiva.

Uomini di chiesa, uomini di scienza, uomini che sanno e che non sanno niente

Saint Thomas Aquinas

Saint Thomas Aquinas Carlo Crivelli, Public domain, via Wikimedia Commons

Le ultime due righe della disquisizione le dedichiamo a tutti quei personaggi che entreranno e usciranno dalla nostra storia mostrandosi come i sapienti che dovrebbero di fatto risolvere il problema della povera Rafilina. Ognuno di essi darà la sua opinione sul male che la affligge e ognuno proporrà la sua soluzione in merito. Tuttavia nessuno terrà mai in conto davvero cosa la giovane donna ha da dire sul suo male, quale che sia la sua opinione e forse quello che è solo il suo desiderio. Tutti questi sapienti la trattano più come un oggetto o una creatura priva di una volontà propria che viene trascinata, come già detto, avanti e indietro. Chi dovrebbe andare in suo soccorso non fa che offenderla, oltraggiarla, sbeffeggiarla e umiliarla e pertanto la sua reazione di rigetto e chiusura diventa più che naturale.

E quello è il grande male. Il male di una femminilità che viene vista come inferiore, una femminilità rilegata a un ruolo sociale che ben possiamo comprendere nel tempo e nel ruolo narrato, ma che resta comunque ingiusta, perché la storia ci insegna che sono proprio le Rafilina che permettono quella svolta che ha consentito a tutte noi di fare un passo avanti. E che molte di esse sono cadute sotto il peso di quella società di cui ancora oggi ci sono tracce nascoste nel modo di dire e di pensare e nel modo di scegliere. E anche ancora, noi, di passi ne dobbiamo compiere perché la strada resta ancora lunga.

Un viaggio nel territorio campano del duecento

Il viaggio che i nostri eroi/non eroi intraprendono si dipana su diversi territori del suolo Campano. Partendo da Torrecuso, che in realtà non vediamo mai, passando per La Bolla, Napoli, Salerno, la Cava e via dicendo fino a Castellabate, offre una panoramica di quelli che sono fra i territori più belli della regione. O comunque alcuni di essi, perché la nostra penisola è ricca di un grande patrimonio non solo artistico, ma anche dal punto di vista del territorio e della nostra storia. Perché tutti i luoghi citati hanno una loro storia che chi li vive riconosce all’interno delle pagine e chi non li vive può sempre riprovare a scoprirli. E questo è un grande pregio.

Autore

  • KeiLeela

    Classe '90. Nella vita mi occupo di codice e grafica, nel tempo libero navigo verso mondi fantastici. Fondatrice del portale Vampire's Tears, tratto di argomenti legati all'horror e al fantastico. Indago su miti e leggende e misteri esoterici.

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